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Il mio Racconto di Parto

  • Immagine del redattore: Doula Amica
    Doula Amica
  • 9 apr 2019
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 21 apr 2019




RACCONTO DI PARTO


Edoardo è nato in una soleggiata mattina di dicembre.

Ricordo che durante i giorni precedenti sentivo il mio corpo che si preparava; i ritmi decellerarono e mi trovai in una "bolla" atemporale in cui era ancora più forte di prima la connessione con il mio bambino.

Ho impiegato quattro intense ore per lasciarlo andare, dopo nove mesi che lo portavo con me.

Avevamo optato per un parto tra le mura rassicuranti della nostra casa, ma sapevo che mio figlio avrebbe scelto dove e come nascere, quindi non volevo "fasciarmi troppo la testa" e preferivo restare aperta alle varie possibilità, come per esempio l'idea di andare in ospedale qualora si fosse presentata la necessità.

Quel mattino mi svegliai presto con una sensazione forte di "richiamo", eravamo pronti.

Mi accorsi che avevo perso del liquido gelatinoso, e subito arrivò una contrazione.

Tornai a letto per provare a riposare ancora un po', ero emozionata e felice all'idea che il Momento fosse arrivato, ma appena coricata altre due contrazioni mi obbligarono ad alzarmi.

A quel punto il mio corpo cominciò a darmi segnali forti, le contrazioni divennero subito ravvicinate e dolorose ed io capii che mio figlio sarebbe nato quel giorno e che stava correndo veloce.

Intanto Enrico, il mio amato compagno, marito e padre del nostro bambino, chiamò le ostetriche e la doula.

Le contrazioni continuavano in un crescendo di durata ed intensità e dovevo piegarmi, inginocchiarmi al dolore fisico, lasciare che facesse il suo corso e passasse.

Ovunque mi trovassi dovevo piegarmi.

Piegarmi per non spezzarmi!

Ogni volta che un'ondata arrivava lasciavo andare parti di me, lasciavo andare la paura, il giudizio, lasciavo andare quello che credevo di sapere, creavo spazio.

Ero felice perchè l'avevo aspettato tanto e non vedevo l'ora di vederlo e stringerlo tra le braccia!

Enrico mi aiutò ad arrivare al letto, dove rimasi fino alla nascita

Avrei pesato di partorire in acqua, infatti qualche giorno prima montammo la piscina da parto, preparammo la stanza (scherzavamo chiamandola la stanza del parto), ma non facemmo in tempo ad arrivarci!

Partorire nel nostro letto è stato bello e magico, non poteva che andare così.

Arrivò Silvia, la mia doula e subito mi si affiancò facendomi sentire la sua presenza tranquillizzante.

Le ostetriche tardavano (poi scoprimmo che si erano perse, non conoscendo la zona) ma io non ebbi paura, perchè accanto a me c'erano il mio compagno e la mia doula.

Poi le onde si fecero sempre più vicine e forti di intensità.

Sentii che sarebbe nato presto.

Ondate di dolore profondo, una mandria di cavalli selvatici galoppanti che potentemente aprivano il mio corpo, lo squarciavano lasciando spazio a lui, perchè potesse passare e venire alla Luce.

Ed io mi arresi.

Non ci fu lotta, sapevo bene che quel dolore era il mezzo per arrivare a lui, era il mare in tempesta che mi avrebbe portato il mio bambino.

Respiravo.

Non potevo più parlare, e tenendo gli occhi chiusi mi connettevo meglio a me stessa.

Sentivo Enrico accanto che vocalizzava insieme me per aiutarmi ad andare in profondità.

Sentivo la mia doula che mi conteneva, massaggiava, incitava, supportava, mi diceva che stavo facendo bene, che tutto stava andando bene e che ero brava.

"Brava Giulia, brava!" ripensando a quelle parole ancora mi commuovo e mi torna il ricordo di quanto sia stato importante ascoltarle in quei momenti.

Le ostetriche arrivarono trovandomi con stupore in fase espulsiva, subito si attivarono e prepararono per la nascita.

Sentii che la testolina stava scendendo, si incanalava, spuntava...Che emozione!

Era reale! Che magia toccarlo finalmente!

Questo mi confermò che stava arrivando, dandomi tanta forza nuova per spingere e resistere alla tempesta.

Dopo poco la testa fu fuori, spuntava come una piccola luna piena con la corona.

Sentii che dovevo rallentare, respirare profondamente e lasciarlo scivolare fuori piuttosto che spingere, così aspettai. Respirai con tutto il mio corpo.

Dentro chiamavo il mio bambino, gli parlavo, gli dicevo che ero felice perchè tra poco lo avrei abbracciato.

Ed ecco...

La testa si fece spazio tra i tessuti, e dopo un po'... Eccolo!!

Che meraviglia, che gioia immensa!

Ero stanchissima, ma mi sentivo una leonessa con il suo piccolino tra le braccia.

La placenta naque poco dopo, grande, bella e con l'albero della vita sulla sua superfice.

Restammo tutti e tre un bel po' abbracciati nel nostro lettone, poi ci alzammo per fare il bagno nella piscina (che alla fine era servito montare!)

Decidemmo di lasciare Edoardo attaccato alla sua placenta, così che potesse scegliere lui quando e come separarsene, e fu davvero meraviglioso passare i giorni successivi nella nostra bolla, e poi vivere insieme il distacco del cordone, in modo indolore, sereno, naturale.

Dal giorno del mio parto-rinascita non ho mai smesso di guardare il mio piccolo con amore, meraviglia ed un senso di gratitudine alla vita per questo dono bellissimo.


Giulia





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